Rallegriamoci nel Signore (Filippesi 3:1-14)

Introduzione

Paolo dall’inizio del brano esorta a rallegrarsi nel Signore.

Come può un uomo nella condizione di Paolo (ricordiamo che è in prigione: a Efeso o Roma?) rallegrarsi e invitarci a rallegrarci nel Signore (v. 1)?

Un uomo che nonostante la sua vita sta per volgere al termine (visto che si profila una condanna a morte), non si stanca di scrivere ancora alle chiese che ama più della sua stessa vita (v. 1b). 

Paolo può rallegrarsi almeno per tre motivi: il primo è perché Paolo ha

1. Una fede ben radicata.

“Guardatevi dai cani… dai cattivi operai e da quelli che si fanno mutilare”; “perché i veri circoncisi siamo noi, che offriamo il nostro culto per mezzo dello Spirito di Dio, che ci vantiamo in Cristo Gesù, e non mettiamo la nostra fiducia nella carne” (vv. 2-3).

Per Paolo è dunque chiaro che non è la circoncisione della carne a sostenerlo, a renderlo gradito a Dio, a motivare la sua chiamata e a promuovere la sua azione, ma è l’opera dello Spirito Santo, la fede in Gesù Cristo e la certezza del pieno governo da parte di Dio. E’ solo in Cristo Gesù che Paolo può fondare la sua vita, la sua chiamata e rallegrarsi nel Signore, poiché la carne, cioè la sua tradizione, la sua storia, il suo passato fatto di privilegi e di onori come Giudeo non possono nulla come ci dice Gesù stesso in Giovanni 6:63 “E’ lo Spirito che vivifica, la carne non è di alcuna utilità, le parole che vi ho dette sono Spirito e vita”.

Anche noi a volte pensiamo di trovare la nostra soddisfazione nei piaceri di questo mondo, ma questa è solo una trappola e un’illusione che ci seduce e ci allontana da Dio svilendo la nostra vita e la nostra chiamata. Anche noi a volte pensiamo di poter adempiere la nostra chiamata e vivere la nostra vita cristiana con le nostre forze, ma Paolo ci insegna che dobbiamo dipendere non dalle nostre risorse (talenti naturali) ma da Dio e dall’opera dello Spirito Santo. Anche noi a volte non vedendo gli sviluppi delle nostre chiese ci scoraggiamo e rattristiamo invece di affidarci a Dio e alle promesse della sua parola: “fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta” (Ebrei 12:2) … “Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia” (Romani 9:16).

Non facciamoci quindi sedurre dal mondo, né scegliere la strada dell’autonomia da Dio, e neanche farci rattristare dall’ansia della prestazione o dai sensi di colpa, ma continuiamo a confidare, dipendere e pregare colui che ha il potere di far rivivere le ossa secche e far nascere dei figli dalle pietre (Matteo 3:9).

In secondo luogo, Paolo può rallegrarsi nel Signore perché 

2. La sua fede può riformulare il passato.

Paolo afferma: “Benché io avessi motivo di confidarmi anche nella carne, molto più di coloro che confidavano e volevano obbligare gli altri a confidare nella carne” (v. 4). Lui “circonciso l’ottavo giorno”, lui “della tribù Beniaminita della razza d’Israele, Ebreo figlio di Ebrei”, “fariseo”, quanto allo zelo e alla contrapposizione “persecutore della chiesa”, e quanto alla giustizia e alla legge: “irreprensibile” (vv. 4-6).

Ma Paolo, una volta fiero della sua tradizione e zelante nella sua causa, ora afferma che ciò che prima era per lui un guadagno (privilegi, onori e riconoscimenti), ora è da lui considerato un danno a causa di Cristo. Anzi, a dire il vero considera ogni cosa del suo passato un danno e tanta spazzatura di fronte all’eccellenza della conoscenza di Cristo, per il quale a rinunciato a tutto, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in Lui con una giustizia non derivante dalla legge (come pensava nel passato), ma mediante la fede in Cristo, una giustizia che viene da Dio, basata sulla fede, ricevuta per grazia mediante la morte e resurrezione di Cristo. Con queste parole Paolo rileggendo il suo passato è come se affermasse: “Tutto sbagliato, tutto da rifare”!

Non sono i meriti, ma è la sua grazia a renderci giusti davanti a Dio. Non sono le opere, ma è la sola fede a renderci graditi a Dio. Non sono i rituali, le appartenenza etniche, ma è solo Cristo a donarci la salvezza e a riconciliarci a Dio.

Oggi intorno a noi ci sono tante “fedi presunte” e tante realtà religiose che continuano a proclamare una fede che è frutto della circoncisione della carne, ma la vera circoncisione di cui gli uomini hanno bisogno è la circoncisione del cuore proclamata dalla parola di Dio e operata dallo Spirito Santo mediante i meriti che Cristo ha compiuto nella sua morte e resurrezione per dare la vita a coloro che sono morti nella carne e nello spirito.

Infine, Paolo può rallegrarsi nel Signore perché ha

3. La sua fede ha una prospettiva certa.

La conseguenza di una fede fondata sulle basi solide di Cristo e che permette una vera rilettura e riformulazione della sua vita passata fa scattare in Paolo una passione profonda di identificarsi con Cristo completamente per conoscerlo profondamente, vivere nella sua potenza, essere in comunione con Lui per essere conforme a Lui nella sua morte e resurrezione in vista della pienezza quando sarà con Cristo per l’eternità.

Questa fratelli è la condizione che ci aspetta nell’eternità con Dio, ma Paolo insieme a noi è consapevole che questa è una prospettiva futura quando saremo perfetti con Cristo nel suo regno. Per oggi siamo nella condizione del “già e non ancora”, nella quale c’è stato il compimento della vittoria sul male da parte del Signore Gesù in cui ogni cosa è stata sottomessa alla sua autorità, ma noi abbiamo ancora a che fare con la nostra natura precaria e il nostro peccato che ci fa gridare insieme a Paolo: “Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?” (Romani 7:24).

Quanta frustrazione, amarezza, senso di colpa e di inadeguatezza, vergogna proviamo spesso davanti al peccato, ai fallimenti e alle cadute!?

Ma qui Paolo ci propone una buona pista da seguire, poiché noi non raggiungeremo la completa santità prima di entrare nel regno di Dio: “Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è stato ancora manifestato ciò che saremo. Sappiamo che, quando Egli sarà manifestato saremo simili a Lui, perché lo vedremo come Egli è” (1 Giovanni 3:2).

Paolo è consapevole della sua condizione quando afferma: “Non che… io sia arrivato alla perfezione, ma proseguo il cammino per cercare di afferrare ciò per cui sono stato afferrato da Cristo Gesù… dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro per ottenere il premio che mi è stato preparato da Cristo” (vv. 12-14).

Ognuno di noi rischia di farsi risucchiare dal passato a causa dei sensi di colpa e di inadeguatezza, dai rimpianti o dai rimorsi, da ricordi negativi che hanno segnato la nostra vita. Oppure, al contrario, possiamo essere affascinati da ricordi positivi che ci portano a rimpiangere il nostro passato.

Conclusione

L’esortazione che ci viene da Paolo invece, è di dare la giusta lettura al passato, come qualcosa che non sfuggito a Dio, ma come qualcosa che Lui conosce e nel quale era presente poiché Lui è il Dio della nostra storia. Dobbiamo accettare il nostro passato senza esserne risucchiati, ma come fa Paolo, vivendo pienamente la vocazione alla quale Dio ci chiamati qui e protendendoci verso la mèta e il premio che ci sta davanti.

È come quando siamo alla guida. Dobbiamo certamente usare gli specchietti retrovisori per controllare eventuali pericoli, ma dobbiamo guardare avanti per proseguire nella direzione della nostra destinazione, senza eccedere nel guardare affianco o dietro altrimenti andiamo a sbattere. Questo è ciò che ci insegna Paolo oggi. Preghiamo!