Celebriamo Dio per sua la sua fedeltà (Salmo 78)
Introduzione
Possiamo dividere questo Salmo in tre punti: i primi otto versetti ci parlano della necessità di ricordare e tramandare la storia della fedeltà di Dio alle nuove generazioni: “Questi le avrebbero così raccontate ai loro figli, perché ponessero in Dio la loro speranza e non dimenticassero le opere di Dio, ma osservassero i suoi comandamenti… per non essere come i loro padri… il cui spirito non fu fedele a Dio” (vv. 6-8). Dal v. 8 al 66 si mostrano le meraviglie operate da Dio e la disubbidienza ripetuta del popolo nella loro incapacità di essergli fedeli: “Quante volte si ribellarono a lui nel deserto e lo rattristarono… ricominciarono a tentare Dio… non si ricordarono più del giorno in cui li liberò e operò dei miracoli in Egitto” (vv. 40-43). Infine, gli ultimi 5 versetti in cui traccia la soluzione: “… elesse la tribù di Giuda… costruì il suo tempio… scelse Davide… per pascere Giacobbe… si curò di loro… e li guidò con mano sapiente” (vv. 68-72).
Questo Salmo ci esorta a celebrare Dio, perché egli è fedele in tre modi fondamentali: è fedele nel rivelarci chi siamo, è fedele nel giudicare chi non rispetta il patto; è fedele nel perdonare e continuare ad avere cura del suo popolo, nonostante le sue cadute.
In primo luogo, il Salmo mostra quanto
Dio è fedele nel rivelarci chi siamo.
Questo Salmo ci conduce al cuore di una grande verità, quella della fedeltà di Dio.
E, allo stesso tempo, ci parla della nostra infedeltà umana e ci pone davanti ad una domanda.Quanto siamo davvero fedeli?
Quanto siamo affidabili nelle promesse che facciamo, negli impegni che prendiamo, nelle parole che pronunciamo davanti a Dio e agli uomini?Se siamo onesti, dobbiamo riconoscere che la nostra fedeltà è fragile, intermittente, spesso incoerente. I nostri buoni propositi nascono spesso dall’entusiasmo, e troppo spesso si spengono davanti alle difficoltà. Le nostre promesse assomigliano alle “promesse da marinaio”, fatte di buone intenzioni, ma povere nei fatti. Intenzioni che si sciolgono come neve al sole. Questa è la condizione della nostra natura, prendiamone atto.
Dio, invece, non è come noi.
Dio è fedele, e lo è Sempre. In tutto ciò che dice, in tutto ciò che compie, in tutto ciò che promette.Mi tornano alla mente le parole forti di Giosuè al popolo, poco prima della sua morte:
“Voi non potete servire il Signore, perché egli è un Dio santo” (Gs 24:19).
Questa non è una parola di scoraggiamento, ma è una parola di verità. Giosuè sta dicendo: “le sole buone intenzioni dell’uomo non bastano”. Senza la grazia di Dio, senza il suo intervento, senza la sua fedeltà che ci sostiene, noi non riusciremo mai a rimanere fedeli a Dio.Eppure – e questo deve incoraggiarci – Dio conosce la nostra in-affidabilità. Sa che la nostra natura, è segnata dal peccato, e ci rende inclini a cadere, a deviare, a venir meno. E nonostante questo, Dio rimane fedele a Sé stesso e al suo popolo.
Per questo oggi non siamo chiamati a celebrare la nostra fedeltà, ma siamo chiamati a celebrare Dio per la sua fedeltà.
Leggendo attentamente questo Salmo, comprendiamo che Asaf scrive come un padre spirituale alle generazioni future. È come se dicesse: “Non dimenticate ciò che Dio ha fatto. Ricordate le sue opere, imparate dagli errori dei vostri padri” (vv. 4–8).
Asaf riflette sulla storia d’Israele, sulla caduta del regno di Saul e sull’ascesa di Davide, e comprende che la disfatta di Saul non fu un semplice incidente di percorso, ma fu il frutto della sua disubbidienza e infedeltà.
In secondo luogo
2. Dio è fedele nel giudicare chi non rispetta il patto.
Dio ha scelto un popolo, gli ha donato una legge, gli ha indicato una via per la vita. Non per opprimerlo, ma perché potesse vivere nella pace, nella benedizione e nella speranza. Quella legge doveva essere trasmessa di generazione in generazione, affinché il popolo non dimenticasse le opere del Signore.
Eppure, i padri dimenticarono. Rifiutarono il patto, si allontanarono dalla legge di Dio (vv. 5–10).
Dio li aveva liberati dalla schiavitù, aveva aperto il mare davanti a loro, li aveva guidati nel deserto con miracoli straordinari (vv. 11–16). Ma il popolo continuò a ribellarsi, a mormorare, a disprezzare l’amore di Dio e tutto ciò che aveva fatto per loro (vv. 17–20).
In tutto il Salmo emerge questo contrasto potente:
da una parte l’infedeltà e l’ingratitudine dell’uomo;
dall’altra parte la pazienza, la costanza e la fedeltà di Dio.
Dio è fedele nel provvedere, nel guidare, nel proteggere il suo popolo (v. 52).
È fedele nella sua pazienza, quando sopporta il mormorio e la ribellione.
Ma è anche fedele nel correggere, nel riprendere e nel giudicare chi disprezza il patto (vv. 59–64).
Dio prova in ogni modo a richiamare l’uomo, a riformare il suo pensiero, a offrirgli una vita piena e significativa. Lo ha fatto con Israele. Lo ha fatto lungo tutta la storia dell’umanità. Lo ha fatto mandando suo Figlio Gesù Cristo, il Mediatore di un nuovo patto. Eppure, “venne in casa sua, e i suoi non l’hanno ricevuto” (Gv 1:11).
E lo fa ancora oggi. Lo fa anche qui, nella nostra città, offrendo una prospettiva nuova, liberatrice, capace di spezzare l’indifferenza, l’orgoglio, l’autosufficienza. Ma spesso l’uomo preferisce restare dov’è, nella sua condizione e nella sua confort-zone, apparentemente buona.
Lo fa persino con chi si professa credente, ma si accontenta di una fede debole, formale, religiosa, privata, occasionale. Una fede che non trasforma la vita.
E allora sorge una domanda inevitabile:
se Dio è fedele nel giudicare chi non rispetta il patto, quale speranza abbiamo noi che, pur appartenendogli spesso siamo infedeli?
Paolo ci risponde in Romani 3, quando afferma: “Non c’è nessun giusto, neppure uno” (v. 10).
E aggiunge: “Mediante le opere della legge nessuno sarà giustificato” (v. 20).
La legge ci mostra il peccato, ma non può salvarci. Serve un’altra via. Serve la fedeltà di Dio e il suo intervento.
In terzo luogo
3. Dio è fedele perché perdona e continua ad aver cura del suo popolo.
Ecco la buona notizia.
La nostra speranza non è nella nostra fedeltà, ma è nella fedeltà di Dio che perdona il nostro peccato e ci riconduce alla sua presenza.
Nel Salmo vediamo Dio risvegliarsi come un “prode guerriero”, tornare alla presenza del suo popolo, liberarlo dai nemici e suscitare Davide, un semplice pastorello dal cuore integro, per guidare Israele.
Queste immagini parlano di grazia, compassione e cura.
Davide prefigura Cristo.
Gesù è il Figlio di Davide, il buon Pastore, che dice: “Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore” (Gv 10:14–15). Gesù non è un mercenario, ma è il buon Pastore.
Gesù ha dato la sua vita per noi.
Ha preso su di sé il peso del nostro peccato, ha pagato il debito che non potevamo pagare noi, ha vinto la schiavitù che ci teneva prigionieri.
Sulla croce ha portato l’ira del Padre e la condanna che verteva su di noi, ed è risorto il terzo giorno per darci una nuova vita e una nuova prospettiva.
Questa è la fedeltà di Dio, una fedeltà che è sancita da un patto di grazia eterna, fondato sull’amore.
Se oggi non fai ancora parte di questo patto, rifletti sulla tua condizione. Senza Cristo siamo come pecore senza pastore, senza direzione, senza protezione. Affida la tua vita a Gesù: solo lui può accoglierti, perdonarti, guidarti e prendersi cura di te. Nessun uomo può farlo al suo posto, poiché con tutte le buone intenzioni non è in grado di caricarsi dei tuoi pesi, delle tue afflizioni, delle tue necessità. Il Signore può metterti a fianco dei fratelli e delle sorelle che possono fare insieme a te un cammino, portare i pesi gli uni degli altri, piangere con te nei momenti difficili, gioire con te nei momenti felici, ma solo Gesù è sufficiente a guarire le tue ferite e soccorrerti nelle difficoltà.
Se invece hai già conosciuto il buon Pastore, allora seguilo veramente fino in fondo. Fidati di lui. Lasciati guidare. Solo così potrai vivere una vita piena, feconda, benedetta e vedere i frutti della vera alleanza con lui.
Conclusione
Cristo non ci abbandona mai. Ci accompagna ogni giorno con fedeltà.
Ed è per la sua grazia che possiamo vivere relazioni fedeli, essere famiglie fedeli, una chiesa fedele. È per la sua cura che possiamo servire questa città, essere prossimi ai bisogni degli altri e proclamare con forza il regno di Dio e la gloria di Dio.
Il Signore è fedele.
E lo sarà fino alla fine dell’età presente. Lui sarà con noi in ogni momento, in ogni situazione, in ogni condizione: “Io sarò con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente” (Mt 28:20), poiché aggiunge: “Io sono la vite, voi siete i tralci… senza di me non potete far nulla” (Gv 15:5). Questa è la prospettiva di cui abbiamo bisogno, puoi farla tua e godere della sua comunione e della sua cura.
A lui siano la lode, l’onore e la gloria. Preghiamo!