Gesù ci invia in un contesto ostile (6:1-12)

Introduzione

Il racconto di oggi riguarda il ritorno di Gesù nel suo paese d’origine di Nazareth insieme ai suoi discepoli. In un primo momento le persone sembrano meravigliate e si chiedono da dove gli venivano quelle parole e quella potenza con cui operava i miracoli (v. 2). Ma ad un certo punto il dubbio prevale sullo stupore, perché quel Gesù che aveva operato quegli atti potenti era il semplice falegname che aiutava il padre nella sua bottega, ed era figlio di Giuseppe e Maria, due persone semplici e di umili condizioni.

Alla luce di questo brano evidenzieremo che GESU’ CI INVIA IN UN CONTESTO OSTILE, e preciseremo che si tratta di ① un’ostilità che ha diverse tonalità, ② un’ostilità che va affrontata nonostante la precarietà, ③ un’ostilità che Cristo stesso ha affrontato prima di noi. 

Il contesto in cui Gesù ci invia, come suoi discepoli, incontra in primo luogo

 
  1. Un’ostilità con diverse tonalità.

    L’apprezzamento per le parole e gli atti potenti di Gesù, vengono ben presto sostituite dal dubbio e dall’ostilità delle persone, che è sottolineata dalle parole di Gesù, quando afferma che spesso si viene disprezzati proprio dalle persone più intime (i nostri amici, i nostri parenti), e questo può sembrare assurdo. Ma anche se può stupirci, questo è quello che il popolo d’Israele ha fatto nei confronti del Messia che stava aspettando, che non lo ha riconosciuto e lo ha ucciso (Matteo 23:13-14.37). Questa è l’ostilità che anche oggi viviamo davanti alla nostra testimonianza, un’ostilità non violenta, ma che rispecchia tutta la completa gamma dell’opposizione di questo mondo, che rifiuta il vangelo di Cristo nonostante abbia visto o sentito dire delle opere potenti che Gesù aveva compiuto a quel tempo. Tutto questo non ci deve stupire in quanto Paolo ci dice chiaramente, che il messaggio della croce è pazzia per quelli che non credono, mentre la vera pazzia è rifiutare il messaggio della croce che, come una cometa, è l’unica che può illuminare la vita di una persona.

    Questa pazzia ha diverse tonalità, poiché a volte si rivela come un’ostilità sotto forma di opposizione e conflitto, altre volte è sotto forma di pregiudizio e ignoranza, altre volte è sotto forma di indifferenza e superficialità. Altre volte è sotto forma di mancanza di umiltà e disposizione a confrontarsi, altre volte perché si è schiavi della propria tradizione e posizione, che impedisce ogni possibilità di ascolto e di accettazione del vangelo di Gesù, e come gli abitanti di Nazareth rifiutano di onorare Gesù e ascoltare il messaggio di salvezza che è venuto a proclamare. Timothy Keller affermava che “Ciò che stupisce Dio non è il fatto che gli uomini continuano a peccare, poiché “il cuore dell’uomo è insanabilmente malvagio” (Geremia 17:9); ma è la durezza del cuore e il rifiuto di credere in Lui che lo stupisce”.

    Ciò che deve incoraggiarci fratelli, è che Gesù ha vinto il mondo, e può abbattere tutte queste ostilità presenti nel cuore dell’uomo (Giovanni 16:33), perché il vangelo è la potenza di Dio per la salvezza di coloro che credono (Romani 1:16).    

    In secondo luogo, è

 

2. Un’ostilità che va affrontata nonostante la precarietà .

Dopo averli formati Gesù invia i suoi discepoli a proseguire il suo lavoro e a seguire il suo esempio, nonostante si siano rivelati non sempre adeguati, visto che spesso hanno addirittura ostacolato la missione di Gesù (1:36-39), si sono addirittura arrabbiati con Lui (4:38; 5:31) e si sono persino opposti perché non comprendevano la sua chiamata (3:21). Questo atteggiamento e inadeguatezza dei discepoli non ci deve meravigliare più di tanto, poiché rimanevano pur sempre dei semplici pescatori e pubblicani, anche se stavano alla scuola di Gesù, ma ci deve incoraggiare sapendo che il successo della proclamazione del vangelo della salvezza, l’avanzamento del regno di Dio e la crescita della chiesa non dipendeva dalla perfezione o dal lavoro dei discepoli che erano stati mandati, ma dalla perfezione e dalla fedeltà di colui che li aveva mandati. E questo vale anche oggi per noi, poiché Gesù non ha scelto i sapienti di questo mondo per proclamare il suo messaggio a questo mondo, ma ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti di questo mondo, ha scelto le cose deboli del mondo per annientare le forti, le cose ignobili e disprezzate per ridurre al niente le cose di questo mondo (1 Corinzi 1:27-28).

Questo vale anche per coloro a cui proclamiamo il vangelo, poiché non dipende né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia a chi vuole (Romani 9:16, 18). Questo non vuol dire che non dobbiamo impegnarci nella testimonianza che ci è stata affidata, o non formarci per presentare il messaggio di Cristo con efficacia e spenderci con tutto noi stessi a questo scopo. Siamo chiamati a proseguire l’opera iniziata da Gesù con la stessa autorità che Lui ha conferito ai suoi discepoli, essere pronti a seguirlo come discepoli e missionari in ogni situazione e condizione ci veniamo a trovare, poiché tutti (ma proprio tutti) siamo discepoli e missionari nel campo di Dio per l’avanzamento del suo regno in questo mondo.  

In terzo luogo, è

3. Un’ostilità che Gesù ha affrontato prima di noi.

Gesù non ci manda in un contesto conflittuale per lasciarci soli, ma ci precede in questa chiamata e ci comprende in ogni condizione ci veniamo a trovare, perché l’ha vissuta prima di noi. Lui ha subito il disprezzo prima di noi (v. 3), poiché chi lo ascoltava si rendeva conto che le cose che diceva erano frutto di una sapienza fuori dal normale e si chiedevano: “Da dove gli vengono quella sapienza e il potere di compiere miracoli come quelli” (v. 2). Ma poi ci dice Marco, iniziavano a denigrarlo per le sue umili origini. 

Era tornato a Nazareth per proclamare la buona notizia per la loro salvezza, e anziché accoglierlo, lo deridono e disprezzano ciò che Lui è andato a dire e a fare, vergognandosi di Lui e rifiutando di credere (v. 5). D’altronde Giovanni ci dice che Gesù è venuto in casa sua, ma i suoi non lo hanno ricevuto (Giovanni 1:10-11), ma conclude anche dicendo che a coloro che lo hanno ricevuto, egli (cioè Gesù) ha dato il diritto di diventare figli di Dio, perché hanno creduto in Lui, e ci spiega che questo diritto non è stato dato da qualche altro uomo, o attraverso qualche tradizione o sacramento, ma è dato da Dio stesso per mezzo dello Spirito Santo (vv. 12-13).

Questa è un avvertimento per coloro che cercano Dio attraverso rituali, sacramenti, meriti e opere di vario genere, a cercare Dio nella sua parola e attraverso la persona e l’opera che Cristo è venuto a compiere anche per loro. Questa è una consolazione per noi perché, comprendere che la nostra fede ha trovato origine e compimento nel Signore che ci ha dato il diritto di diventare suoi figli, dà certezza riguardo alla tenuta della nostra fede. Questa però è anche una rassicurazione per quanto riguarda la nostra chiamata a proclamare il vangelo nel mondo in cui Dio ci ha messo, sapendo che il suo successo non sarà determinato dal nostro impegno (che ci deve comunque essere), ma dal favore del Signore che, dà o non dà, il diritto di diventare figli di Dio.

Che il Signore ci benedica e fortifichi sempre più in questa chiamata. Preghiamo!


Conclusione

Questa è un avvertimento per coloro che cercano Dio attraverso rituali, sacramenti, meriti e opere di vario genere, a cercare Dio nella sua parola e attraverso la persona e l’opera che Cristo è venuto a compiere anche per loro. Questa è una consolazione per noi perché, comprendere che la nostra fede ha trovato origine e compimento nel Signore che ci ha dato il diritto di diventare suoi figli, dà certezza riguardo alla tenuta della nostra fede.

 
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