Gesù è sovrano, non una vittima (Marco 14:12-31)
Introduzione
Il brano di oggi afferma che
Gesù è Sovrano, non una vittima!
Questo brano ci parla della Onniscienza e della Sovranità di Dio. Infatti, Gesù sa perfettamente ciò che sta per accadere: sa che sta per morire, sa che sta per essere tradito, sa che sta per essere rinnegato da Pietro. Eppure, non si lascia travolgere dagli eventi. Non si dispera, non si nasconde, e nemmeno si dà alla fuga, e neanche cede alla paura.
Gesù non solo non si fa travolgere dagli eventi, ma affronta tutto quello che sta per succedere con una pace e una libertà straordinarie, perché nulla lo sorprende, poiché tutto rientra nel piano “redentivo” che il Padre gli aveva affidato, come Gesù stesso afferma davanti a Pilato: “… io sono nato per questo e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce” (Giovanni 18:37).
Anche quando gli uomini tramano contro di Lui, Gesù rimane il Signore della storia, poiché nulla può meravigliarlo. Possono agire contro di Lui, ma non possono infierire su di Lui. Nulla sfugge al suo controllo, perché Lui è venuto proprio per questo, per donare la vita per noi peccatori: “Il ladro non viene se non per rubare, ammazzare e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Giovanni 10:10).
Questo brano ci dice che
Gesù è sovrano in quanto Creatore.
Gesù mostra la sua sovranità anche nei piccoli dettagli. Dice ai suoi discepoli cosa troveranno e cosa dovranno fare: “Andate in città, vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua… seguitelo… troverete una sala già pronta”. E i discepoli trovano tutto esattamente come il Maestro aveva detto loro.
Gesù ha il pieno controllo non solo sugli eventi, ma anche sulle persone, sui tempi e sui luoghi come dimostra questo testo. È il Creatore che parla, e quello che dice lo fa accadere, come afferma il Salmo 33:9: “Poiché Egli parlò, e la cosa fu; comandò, e la cosa apparve”. Gesù non è sovrano solo quando glielo permettiamo o quando lo riconosciamo tale, ma lo è sempre a prescindere dal nostro consenso o dalla nostra approvazione.
Gesù conosce tutto: sa chi lo tradirà, sa chi lo rinnegherà. Quando annuncia: “Uno di voi mi tradirà”, non lo fa con rabbia e risentimento, ma lo fa con dispiacere e con la serenità di chi conosce il cuore umano e ne ha pietà. Non lo giustifica, ma non n’è sorpreso perché sa che siamo polvere e che “il nostro cuore è insanabilmente malvagio”, anche se si tratta di un suo discepolo. È la stessa voce di Dio che conosce tutto e continua ad avere pietà e dimostrare il suo amore. Lui è il Signore dei cieli e della terra, colui che “ha fondato la terra e i cieli che sono opera delle sue mani” (Ebrei 1:10).
Tutto gli appartiene e tutto gli è sottomesso. Eppure, questo grande Creatore si fa servo di tutti, perché non è venuto per essere servito, ma è venuto per servire e dare la sua vita per dei discepoli che lo avrebbero tradito e rinnegato (Marco 10:45). Si mette a tavola con loro per mostrare e insegnare la via dell’amore e farsi servi gli uni degli altri. La cosa sorprendente è che Gesù, pur sapendo nella sua sovranità e onniscienza che i discepoli avrebbero mancato rinnegandolo e tradendolo, invece di rigettarli e cancellarli dalla sua agenda continua a formarli per il futuro compito che dovranno adempiere.
In secondo luogo,
2. Gesù è sovrano in quanto Consolatore.
In questo brano traspare tutta la passione e la compassione di Gesù. Sa che sta per essere tradito, abbandonato, rinnegato dai suoi. Eppure, desidera ardentemente passare del tempo con i suoi discepoli, condividere con loro la cena pasquale: “Ho desiderato vivamente di mangiare questa Pasqua con voi” (Luca 22:15).
Gesù non giustifica assolutamente il peccato, ma guarda con compassione la fragilità dei suoi discepoli. Sa che sono uomini fragili, impauriti, eppure li ama fino alla fine. Anche quando Pietro ad esempio, con entusiasmo, un po di orgoglio e ingenuità, gli promette: “Anche se tutti ti abbandonassero, io non lo farò mai!”. Gesù non lo umilia, ma gli parla con verità e compassione dicendogli: “Prima che il gallo canti due volte, tu mi rinnegherai tre volte”.
Gesù conosce le nostre debolezze e non è sorpreso dalla nostra fragilità e inaffidabilità. Ci invita a riconoscerla, a non nasconderla ma a confessarla. Ci incoraggia a non fingere presuntuosamente di essere forti quando in realtà siamo deboli e abbiamo paura, ma ci invita a lasciarci trasformare dal suo Spirito e consolare dal suo amore. Perché diciamocelo onestamente: siamo fatti della stessa pasta dei discepoli.
Ma è proprio lì che abbiamo la possibilità di trovare riposo e guarigione, quando cioè riconosciamo la nostra debolezza e inaffidabilità, e lo confessiamo per invocare il suo perdono e il suo aiuto, che Gesù viene a incontrarci per soccorrerci. È solo quando ci spogliamo davanti a Dio confessandogli le nostre brutture che possiamo trovare grazia, perdono e guarigione.
È quello che fa lo stesso Paolo quando confessa la sconfitta davanti al suo peccato: “Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?” (Romani 7:24). Oppure quando riconosce la sua completa incapacità contro il peccato: “Io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene; poiché in me si trova il volere, ma il modo di compiere il bene, no. Infatti, il bene che voglio, non lo faccio, ma il male che non voglio, quello faccio” (Romani 7:15).
Solo in Gesù possiamo trovare la nostra consolazione, poiché solo in Lui possiamo vincere il peccato e godere del suo perdono quando cadiamo.
Infine,
3. Gesù è sovrano in quanto Salvatore.
Il culmine del brano è nella Cena del Signore.
Quando Gesù, pur sapendo del tradimento e del rinnegamento dei suoi discepoli, spezza il pane e offre il calice per loro. In questo gesto semplice e solenne annuncia il dono più grande: quello di dare la sua vita per noi: “Questo è il mio corpo, che è dato per voi… Questo è il mio sangue, il sangue del patto, versato per molti”.
Il pane e il vino diventano segni di un amore che si dona fino alla fine. Non è un sacrificio da ripetere o da conquistare, ma è il ricordo di un sacrificio unico e completo, compiuto una volta per sempre che dobbiamo credere e ricevere: “Fate questo in memoria di me”.
Gesù non muore per dei santi, ma per dei peccatori. Non muore per dei sani, ma per dei malati. Non muore per degli uomini fedeli, ma per degli uomini infedeli e inaffidabili come noi. Non muore per degli uomini forti, ma per degli uomini fragili, perduti e bisognosi di salvezza. Gesù non muore per i primi, ma gli ultimi e per coloro che si sentono poveri in spirito, che si sentono vuoti e desiderano essere riempiti della sua grazia e del suo amore.
È questa la nostra speranza e la nostra consolazione: che il sacrificio che sta annunciando qui Gesù e che sta per subire è completamente sufficiente, è completo, è efficace. Come Paolo scrive quando afferma che: “Dio ha dimostrato il suo amore per noi in questo: che mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Romani 5:8).
Grazie a questo sacrificio, abbiamo fatto pace con Dio, siamo stati riconciliati con Lui e siamo stati adottati da Lui (Romani 5:1). Gesù non solo regna come Creatore, non solo ci consola come Amico, ma ci salva come Redentore.
E oggi, come allora, ci invita alla sua Cena per ricordarci che non siamo più soli, non siamo più perduti, non siamo più senza speranza, poiché Lui è sovrano e il suo amore regna per sempre.
Conclusione
Gesù è sovrano in quanto Creatore, affidiamoci a Lui con fiducia! Gesù è sovrano in quanto Consolatore, confessiamo il nostro peccato e la nostra fragilità appellandoci alla sua compassione! Gesù è sovrano in quanto Salvatore, andiamo alla sua mensa per essere riempiti da Lui! Preghiamo