Gesù ci insegna che cos’è la santità (Marco 7:1-23)
Introduzione
Il tema del brano di oggi è la purezza o, meglio, la santità; poiché secondo i farisei la purezza era una condizione che si raggiungeva attraverso le tradizioni e i rituali (come lavarsi le mani prima di mangiare, o purificarsi con acqua prima di pregare). In questo caso i farisei criticano i discepoli per non lavarsi le mani prima dei loro pasti (v. 5), e Gesù contesta questa loro critica, accusandoli di ipocrisia per aver svuotato dell’amore il comandamento di Dio, attenendosi legalisticamente alla legge giudaica (vv. 8, 13). Gesù critica la loro incoerenza e intolleranza, che mira più all’apparenza che a una vera consacrazione del cuore, e nei versetti 15 e 18 Gesù stabilisce che, non è quello che entra nell’uomo a contaminarlo, “perché ciò che l’uomo mangia non gli entra nel cuore, ma nello stomaco e se ne va nello scarico”.
Attraverso questo brano Gesù ci insegna due cose sulla vera santità: la prima è che ① la vera santità ha a che fare con il cuore e il peccato dell’uomo, e la seconda è che ② la vera santità ha a che fare con l’opera soprannaturale di Dio.
Iniziamo in primo luogo a ribadire che
La santità ha a che fare con il cuore dell’uomo.
I farisei vedendo che i discepoli di Gesù non si lavano le mani prima di mangiare, li accusano di disubbidire alle tradizioni e alla legge mosaica (v. 2), mentre loro e tutti i giudei non prendevano cibo senza prima lavarsi le mani accuratamente (vv. 3-4), e addirittura purificavano tutte le vettovaglie che avevano precedentemente usato. Gesù davanti a questa loro critica li riprende e li accusa per l’ipocrisia di onorare Dio con le labbra e non con il cuore, adorarlo seguendo dottrine che erano precetti di uomini, come denunciava Isaia 29:13 “Il Signore ha detto: questo popolo mi loda con la bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e il timore che ha di me non è altro che un comandamento imparato dagli uomini”.
Il problema dell’uomo risiede nel suo cuore, non fuori da lui, poiché è ciò che è nell’uomo a separarlo da Dio, ed è ciò che esce dall’uomo a contaminare sé stesso e quello che sta fuori da lui. Il cuore dell’uomo è insanabilmente malvagio e incline al male ci dice Geremia, chi potrà mai conoscerlo e trasformarlo? (Geremia 17:9). Ecclesiaste afferma che il cuore degli uomini è pieno di malvagità e di follia (9:3) e i Proverbi continuano a confermare che l’uomo è folle perché rifiuta di ascoltare Dio. Paolo stesso afferma che, con tutta la sua tradizione e scuola rabbinica, è costretto a riconoscere che quello che dovrebbe fare non riesce a farlo, e quello che invece non dovrebbe fare è portato inesorabilmente a farlo, al punto che è costretto ad urlare a Dio: “Chi potrà mai liberarmi da questo corpo di morte?” (Romani 7:24). Tutto questo non è affermato per giustificare la natura umana e il nostro peccato, ma per ribadire che questa è la condizione del cuore umano a causa della sua autonomia da Dio. Quindi anche se è impopolare affermarlo oggi, anche se è politicamente scorretto sottolinearlo, anche se le persone non vogliono accettare questa verità, il problema dell’uomo è il proprio cuore e la sua condizione.
Il brano di Marco evidenzia la totale distanza tra la visione di Gesù e quella dei farisei (vv. 18, 21) che pensavano che ciò che li rendeva graditi a Dio erano il ritualismo, il formalismo e il legalismo che essi praticavano, quando in realtà Gesù predicava che è il nostro cuore e la nostra ubbidienza a renderci graditi a Dio, poiché Dio non sa cosa farsene dei nostri noviluni, dei nostri digiuni o delle nostre riunioni. Noi viviamo la fede, facciamo tante cose per il Signore e veniamo alle riunioni (e questo è giusto); ma non sono le cose che facciamo a renderci graditi a Dio, ma sono le motivazioni, la devozione e la consacrazione con cui facciamo queste cose a renderci graditi a Dio. Lui vuole il nostro cuore e la nostra santità, come afferma Isaia: “Imparate a fare il bene, cercate la giustizia, rialzate l’oppresso, fate giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova” (1:13, 17).
Ciò che deve incoraggiarci e darci speranza è che:
2. La santità ha a che fare con l’opera sovrana di Dio.
I farisei vedendo che i discepoli di Gesù non si lavano le mani prima di mangiare, li accusano di disubbidire alle tradizioni e alla legge mosaica (v. 2), mentre loro e tutti i giudei non prendevano cibo senza prima lavarsi le mani accuratamente (vv. 3-4), e addirittura purificavano tutte le vettovaglie che avevano precedentemente usato. Gesù davanti a questa loro critica li riprende e li accusa per l’ipocrisia di onorare Dio con le labbra e non con il cuore, adorarlo seguendo dottrine che erano precetti di uomini, come denunciava Isaia 29:13 “Il Signore ha detto: questo popolo mi loda con la bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e il timore che ha di me non è altro che un comandamento imparato dagli uomini”.
Il problema dell’uomo risiede nel suo cuore, non fuori da lui, poiché è ciò che è nell’uomo a separarlo da Dio, ed è ciò che esce dall’uomo a contaminare sé stesso e quello che sta fuori da lui. Il cuore dell’uomo è insanabilmente malvagio e incline al male ci dice Geremia, chi potrà mai conoscerlo e trasformarlo? (Geremia 17:9). Ecclesiaste afferma che il cuore degli uomini è pieno di malvagità e di follia (9:3) e i Proverbi continuano a confermare che l’uomo è folle perché rifiuta di ascoltare Dio. Paolo stesso afferma che, con tutta la sua tradizione e scuola rabbinica, è costretto a riconoscere che quello che dovrebbe fare non riesce a farlo, e quello che invece non dovrebbe fare è portato inesorabilmente a farlo, al punto che è costretto ad urlare a Dio: “Chi potrà mai liberarmi da questo corpo di morte?” (Romani 7:24). Tutto questo non è affermato per giustificare la natura umana e il nostro peccato, ma per ribadire che questa è la condizione del cuore umano a causa della sua autonomia da Dio. Quindi anche se è impopolare affermarlo oggi, anche se è politicamente scorretto sottolinearlo, anche se le persone non vogliono accettare questa verità, il problema dell’uomo è il proprio cuore e la sua condizione.
Il brano di Marco evidenzia la totale distanza tra la visione di Gesù e quella dei farisei (vv. 18, 21) che pensavano che ciò che li rendeva graditi a Dio erano il ritualismo, il formalismo e il legalismo che essi praticavano, quando in realtà Gesù predicava che è il nostro cuore e la nostra ubbidienza a renderci graditi a Dio, poiché Dio non sa cosa farsene dei nostri noviluni, dei nostri digiuni o delle nostre riunioni. Noi viviamo la fede, facciamo tante cose per il Signore e veniamo alle riunioni (e questo è giusto); ma non sono le cose che facciamo a renderci graditi a Dio, ma sono le motivazioni, la devozione e la consacrazione con cui facciamo queste cose a renderci graditi a Dio. Lui vuole il nostro cuore e la nostra santità, come afferma Isaia: “Imparate a fare il bene, cercate la giustizia, rialzate l’oppresso, fate giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova” (1:13, 17).
Conclusione
Se l’uomo comprendesse quando basta poco per trovare la propria realizzazione, il proprio benessere, il vero riposo e la vera speranza sarebbe beato, ma seppur potrebbe sembrare semplice sotto l’aspetto semantico, non lo è sotto l’aspetto spirituale, perché non si possono comprendere le cose spirituali con i ragionamenti e le valutazioni della carne (1 Corinzi 2:14), non si può capire la condizione del proprio cuore e la separazione da Dio se Lui non ce lo fa comprendere. Preghiamo!